domenica, ottobre 30, 2011

Festa dei Morti o Halloween? A voi la scelta!

Com’è già successo nelle scorse settimane, anche oggi intraprendo l’ennesimo volo pindarico (cui, spero, siate abituati!), partendo dal Guatemala, passando per la Gran Bretagna e l’Italia, facendo, poi, un breve scalo nell’America del Nord, per, infine, ritornare a Palermo.

Perché inizio dal Guatemala? Perché, in questi giorni, ho cominciato a leggere “Io mi chiamo Rigoberta Menchù”, un’intervista all’allora giovane contadina quiche (una minoranza etnica del Paese), premio Nobel per la pace nel 1992, raccolta e pubblicata, agli inizi degli anni ’80, dall’antropologa sudamericana Elizabeth Brugos.

Questo monologo-testimonianza narra la storia, spesso drammatica, della vita della contadina-combattente Rigoberta Menchù, con - entusiasticamente per uno studioso di tradizioni - moltissime notizie sui riti e sui costumi della sua cultura.

Quel che affascina di questo personaggio è il suo atteggiamento nei confronti delle culture tradizionali: ella continua ad indossare gli abiti della tradizione da lei tessuti con enorme fierezza, pur conscia del fatto che la perdurante chiusura che il suo popolo, il popolo quiche, ha sempre mostrato nei confronti dei latinoamericani abbia prodotto solo povertà e abbia invogliato quest’ultimi ad opprimere e perseguitare il suo stesso popolo.

Rigoberta, aderendo al movimento contadino di lotta contro i ladinos, ha lanciato questo messaggio al suo popolo e a tutti quei popoli che, per secoli, in difesa delle trasmissione di generazione in generazione della propria cultura, rifiutano aprioristicamente qualsiasi novità proveniente dall’esterno: se la chiusura al mondo produce oppressione, violenze e morte, è bene accogliere, con criterio, tutte quelle innovazioni culturali che possano contribuire alla preservazione della propria realtà etnica.

Del resto, io ho sempre sostenuto che le culture sono come degli organismi vivi, che crescono e fanno continuamente esperienza del mondo che sta loro intorno: se il contatto con un’alterità produce uno scambio che non modifica l’equilibrio (= salute) di tale organismo, esso è tenuto ad assimilarlo e a farlo suo. L’acculturazione oculata non necessariamente comporta il totale rifiuto o annientamento di quello che si è stati ma può produrre crescita e “progresso” (proprio della natura dell’uomo).

E veniamo alla tanto spesso contestata festa di Halloween, che, da alcuni anni, tenta di “minacciare” la scomparsa di una festa tanto radicata in Sicilia, la festa dei morti.

Halloween è il nome popolare di All Hallows Eve o All Hallows Even (o Evening) che, in italiano, si traduce vigilia o sera di Ognissanti. Halloween è una festa, in origine, celtica, che, come si evince dal nome, risente dell’acculturazione cristiana, fortissima nel Medioevo.

Andiamo alle origini. Tale celebrazione, agli albori, era la festa celtica di Lâ Samhna, letteralmente «giorno di Samain», che cadeva il 1° Novembre e che contrassegnava la fine dell’estate, un momento molto particolare dell’anno per quei popoli la cui economia era di tipo agro-pastorale: dopo la semina, i contadini, apparentemente, interrompevano le loro attività nei campi, in attesa che i semi facessero presa sotto terra, per prepararsi a germogliare. Questo momento dell’anno è ed era identico per tutte le altre culture euro-mediterranee basate su economie agro-pastorali.

I festeggiamenti, organizzati tra la fine di ottobre e i primi di novembre, erano, quindi, molto sentiti dalle comunità agricole perché, se i semi avessero ben attecchito nel terreno e le condizioni atmosferiche avessero tenuto, l’annata agraria sarebbe stata ottima e avrebbe alimentato un’intera comunità di persone.

Al di là dei nomi che la festa ha assunto nei secoli e delle terre in cui si è diffusa (secondo alcune fonti, dalla fine del V secolo molti discendenti dei Celti, dall’Irlanda, raggiunsero l’arco alpino e padano, portandosi dietro le loro tradizioni), quella che, poi, dal 600 d. C. è divenuta una festa cristiana ha mantenuto, nei secoli, sempre le stesse forme rituali: ricordo e commemorazione dei defunti, consumo di particolari cibi come frutta secca, dolci tipici che, a Palermo, si chiamano Ossa ri morti o Pupa a cena, questue di bambini, cui il 2 novembre, i “morti” portano in dono dei giocattoli.

Domani, molti bambini palermitani festeggeranno Halloween, travestiti come a Carnevale, busseranno ai vicini recitando “dolcetto o scherzetto?” mentre i ragazzi più grandi, di sera, andranno alle feste, magari in discoteca, tutti agghindati con finte zucche intagliate e dai volti spaventosi… sapete che i primi irlandesi, anziché le zucche, andavano in giro per le questue con delle rape intagliate?

Queste lanterne erano chiamate Jack O'Lantern, dal nome del protagonista di una leggenda irlandese, Jack, che, alla sua morte, poiché non aveva trovato posto né all'Inferno né in Paradiso, era stato condannato a errare in eterno sulla terra, illuminandosi la strada con un tizzone inserito in una rapa incavata, che poi è diventata una zucca...piena di semi, simbolo sia di morte che di rinascita!

Analogamente, nelle credenze popolari siciliane, i “morti” non sono altro che anime di trapassati che tornano, eccezionalmente, a far visita ai loro vivi, che li accolgono con tavolate ben imbandite, visite con mazzi di fiori al cimitero anche se non a titolo gratuito, è chiaro! Perché? Perché i cadaveri dei defunti sono sottoterra e sottoterra ci sono i semi, che, come ho sopra citato, sono parte integrante delle tavolate dei morti: castagne, noci, noccioline, il cosiddetto scacciu (che, in genere, include pure i semi di zucca seccati, no?); ad esse si aggiungono dolcetti che ricordano metonimicamente i morti che raffigurerebbero le loro ossa (come i costumi da scheletro!), ossa ri morti e, ancora di più, a pupa a cena, statuette di zucchero che, almeno in origine, riproducevano esclusivamente immagini di persone in miniatura…da mangiare, proprio come accade nel corso di un sacrificio, nel quale la vittima immolata è spartita tra i presenti e consumata, per acquisirne la sua forza, la sua energia vitale.

Il gusto per l’esagerata vistosità della festa di Halloween non è giunta, in Italia, direttamente dall’Irlanda ma solo qualche secolo dopo lo sbarco degli irlandesi in America, quando la carestia in patria li spinse a cercar fortuna nel Nuovo Mondo.

Oggi il dibattito tra i detrattori di Halloween e i sostenitori della sua diffusione in Italia è vivo e insoluto. Come avete letto, i punti comuni tra Halloween e la Festa dei Morti sono tantissimi e non a caso. Io sono per le aperture alle alterità, ma aperture intelligenti, che, quindi, prima d’essere accolte, siano spiegate alle masse, che, in genere, si lasciano trascinare per moda o solo perché “così fan tutti”.

Buona festa (qualsiasi essa sia) a tutti!

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